Ago 022010
 

Roma, Villa Ada, 27 luglio 2010

★★★☆☆

Se sei giovane, giovane dentro, non ci pensare: balla. Muoviti al ritmo di questo tamburo battente. Questi ottoni furiosi e incalzanti che ti travolgono senza sosta. Balla. Ai problemi ci penserai domani, ora lasciati trasportare dal ritmo frenetico di questa musica gitana. Sonorità balcaniche totalmente rapiscono, in un vortice di colori e profumi che –a farci ben caso- in realtà non ci sono ma che, in virtù di uno spaventoso potere evocativo, sembrano distinguersi, distinti e forti. Kocani, come il paese da cui proviene, ai confini con la Bulgaria in un lembo di terra macedone, l’Orkestar si esibisce questa sera sul palco di Villa Ada, Roma. Dieci musicisti ed una voce, quella di Shakirov Demir, che canta in slavo, turco e rumeno, al fianco di trombe e sax, bassotuba e clarinetto. Senza apparente direttore, l’orchestra fa da sé. Come autogestita, la schiera di ottoni segue un unico spartito immaginario. Basta guardarsi negli occhi, per intendersi, per suonare a braccio secoli e secoli di tradizioni, di speranze di popoli in cammino, frammistioni di culture, ataviche emozioni. Un groviglio di orgogli in quella terra, crocevia di genti di passaggio, che di ciascuna ha trattenuto un poco. Ricchezza conquistata piano piano e tramandata in musica, di padre in figlio, e in figlio ancora. Ma la gipsy band non vive di soli entusiasmi, non s’alimenta di sole gioie, vivacità, calore. Ai ritmi serrati di fanfara si alternano anche momenti più intensi, che si risolvono nella voce struggente e quasi lamentosa, addolorata, che s’appoggia stanca su una fida fisarmonica. E cosa c’è di più seducente di un accordeon, del suo mantice elegante, del suo tocco malinconico. Mesto e amaro il giro di bassi, mentre le dita di una mano scorrono velocissime sulla tastiera ad inseguire un dolore, un pensiero buio e triste. Passano così quasi due ore di coinvolgimento totalizzante. Loro che suonano e si divertono da matti sul palco. Il pubblico che balla e si diverte da matti, dall'altra parte della barricata. Sorrisi a volontà e fiato da buttare, energia da vendere, entusiasmo tangibile e contagioso. Molti brani in scaletta sono vecchie conoscenze note ai più, adottati da Kusturica per le colonne sonore in un paio di suoi film di  (‘Underground’ e ‘Il tempo dei gitani’). Lo spettacolo si conclude con la storica ‘Kalashnikov’, come un terremoto presagito. In coda un secondo e un terzo bis, per chi è talmente ‘giovane’ che ancora non è stanco di ballare.

Formazione band:

Shakirov Demir voce
Demirov Dzeladin clarinetto
Demirov Durak sax
Alimanovski Enis tapan
Gaberov Turan tromba
Durmisev Redzai tuba baritono
Kanturski Nebi tuba baritono
Alimov Nijazi tuba baritono
Asanov Suad tuba basso
Zejnelov Sukri tuba baritono
Stefanov Vinko fisarmonica

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Recensione e foto di

Rosa Paolicelli

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